Il referendum ti stressa? Ecco perché decidere insieme può mandarci in crisi (ma c’è una via d’uscita)
Mani sudate, battito accelerato, senso di insicurezza… No, non stiamo parlando di un esame o di un colloquio importante, ma di quello che molti italiani provano davanti a una scheda referendaria, soprattutto quando in gioco ci sono temi come lavoro, diritti civili o ambiente. La scena è familiare: incontri il tuo sguardo con quello della scheda elettorale e all’improvviso tutto sembra più grande di te. Se ti succede, sappi che è un’esperienza condivisa e perfettamente normale.
Perché le decisioni collettive ci mandano in tilt
Quando si tratta di esprimere un voto che avrà impatto su milioni di persone, l’ansia può prendere il sopravvento. Questo accade perché la responsabilità percepita non è solo individuale: è come se il peso della scelta si moltiplicasse. E nel caso del referendum, a differenza delle elezioni politiche, spesso si percepisce una maggiore “irreversibilità”, come se non ci fosse modo di tornare indietro. Un effetto ben visibile in eventi storici come il referendum sul nucleare del 1987, che ancora oggi viene evocato come esempio di scelta storica carica di pathos.
I tre principali motivi dello stress da referendum
- Paura del passo definitivo: Il referendum viene vissuto come un evento senza ritorno, e il pensiero di “non poter sbagliare” può diventare paralizzante.
- Sovraccarico di informazioni: I quesiti sono spesso tecnici, articolati e pieni di termini giuridici. Anche se molte persone sono sensibili ai temi trattati, in pochi si sentono veramente preparati a livello informativo.
- Pressione sociale: Dibattiti estremi, campagne polarizzanti e discussioni accese tra amici o familiari caricano ulteriormente di tensione il momento della scelta.
Il cervello sotto pressione: cosa succede nella nostra mente
A livello neurologico, l’ansia da voto collettivo ha radici nel nostro passato evolutivo. Il cervello umano è programmato per proteggere il gruppo e reagisce in modo emotivo quando percepisce una minaccia al benessere collettivo. Così, quando ci troviamo davanti a decisioni con ricadute pubbliche, il nostro sistema limbico si attiva come se fossimo in pericolo.
Chi comanda davvero nella cabina elettorale?
- Amigdala: Reagisce come un allarme, attivando sensazioni di paura e urgenza.
- Corteccia prefrontale: Prova a bilanciare il tutto con l’analisi razionale, ma può essere sopraffatta.
- Insula: Elabora le emozioni sociali, e amplifica il timore di scegliere “la cosa sbagliata” agli occhi degli altri.
Insomma, durante un referendum, nella nostra testa si gioca una vera battaglia tra impulso emotivo e ragionamento critico. E spesso, è proprio questa tensione interna a generare quel malessere che sentiamo quando siamo chiamati a votare.
Come ritrovare chiarezza (e una certa serenità)
La buona notizia? Possiamo imparare a gestire lo stress da decisione collettiva usando strumenti pratici che ci aiutano a recuperare lucidità. Ecco due tecniche che gli psicologi consigliano per alleggerire il carico emotivo nei momenti chiave:
1. Spezzetta il problema con il “chunking down”
Davanti a un quesito complesso, scomponi tutto in piccole domande: di cosa si parla concretamente? Quale sarebbe l’impatto reale nella mia vita quotidiana? Quali alternative esistono davvero? Pensare per micro-obiettivi è un modo efficace per evitare la paralisi da eccesso di pensiero.
2. Usa il metodo delle tre colonne
- Cosa so con certezza: Dati concreti e informazioni verificate.
- Cosa devo ancora approfondire: Spunti, domande e dubbi aperti.
- Cosa non dipende da me: Fattori fuori dal tuo controllo su cui è inutile rimuginare.
Questo schema aiuta a separare ciò che possiamo gestire da ciò che dobbiamo semplicemente accettare, ridando al nostro cervello una sensazione di ordine e direzione.
Non succede solo in Italia
Il blocco emotivo di fronte a scelte collettive riguarda moltissimi Paesi. Durante la Brexit, in Inghilterra, migliaia di elettori hanno riferito sintomi d’ansia legati all’incertezza del voto. In Svizzera, dove il meccanismo referendario è parte integrante della democrazia diretta, lo stress sembra essere minore: la familiarità con questo tipo di consultazioni sembra ridurre l’intensità emotiva. È la prova che l’abitudine al confronto pubblico e alla partecipazione può allenare anche la nostra stabilità psicologica.
In Italia, l’elemento tensione è spesso amplificato dal meccanismo del quorum: se non va a votare almeno il 50%+1 degli aventi diritto, il risultato non è valido. Questo passaggio rilancia il peso della responsabilità, trasformando ogni astensione in un fattore decisivo. Basti pensare ai referendum previsti per l’8 e 9 giugno 2025, che toccheranno temi delicati come cittadinanza e lavoro. La posta in gioco è alta e la pressione si sente.
Dallo stress alla consapevolezza civica
Provare ansia prima di un referendum non è un segno di debolezza, ma piuttosto di coinvolgimento. È il sintomo che ci importa, che vogliamo dare il nostro contributo, che non siamo indifferenti. In fondo, non serve essere esperti costituzionalisti per votare consapevolmente, ma cittadini curiosi, informati e disposti ad affrontare i propri dubbi con onestà.
Utilizzare tecniche semplici, confrontarsi con fonti affidabili e lasciare andare le cose che non possiamo controllare sono strumenti che ci portano fuori dal caos mentale e dentro a una cittadinanza più matura. Non dobbiamo temere le scelte collettive: dobbiamo farle nostre, con la testa e con il cuore.
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